AI, la scienza dei dati per trovare nuove risposte

Ho ascoltato per la prima volta questa storia in uno speech di Paul Rulkens, un consulente di altissimo profilo e apprezzato keynote speaker. Quindi se vi sembrerà molto brillante, è semplicemente perché l’ho copiata. Ma è una storiella che sono solito raccontare ai miei clienti manager e imprenditori, quando sono in procinto di avviare un progetto di AI, perché risulta essere molto efficace. Nel 1942, Albert Einstein insegnava all’Università di Oxford. Un giorno, diede un compito di fisica agli studenti dell’ultimo anno. Mentre passeggiava per il campus con il suo assistente, questi, all’improvviso, lo guardò e disse: “Professore, il compito che ha appena dato agli studenti di fisica dell’ultimo anno, non è lo stesso identico compito che ha dato nella stessa classe l’anno scorso?” “Sì, si,” disse Albert Einstein, “È proprio lo stesso.” “Ma, Professore, com’è possibile?” disse l’assistente. “Beh,” disse Einstein, “le risposte sono cambiate.” Le risposte sono cambiate. Trovo questa osservazione brillante e versatile, la chiusura efficace di un aneddoto molto utile a smuovere le coscienze dei nostri interlocutori più restii all’innovazione.

AI, le risposte cambiano insieme al contesto

Perché “le risposte sono cambiate” cosa significa in termini pratici per i nostri clienti, manager, imprenditori che hanno raggiunto tanti risultati fino ad oggi? Significa che tutto ciò che li ha portati a far crescere il loro business fino a qui non è detto che possa condurli automaticamente al prossimo step. E se si desiderano risultati mai ottenuti finora, è necessario iniziare a fare cose mai fatte prima. Eppure, in Italia, esiste uno zoccolo duro di manager e imprese che ha ancora grande difficoltà a cambiare. Rulkens spiega che di fronte ad un problema insormontabile, le persone, nella vita di tutti i giorni come nelle decisioni lavorative, adottano in genere uno di questi due comportamenti: continuano a fare le stesse cose in misura maggiore o continuano a fare le stesse cose minore. Solo molto raramente, invece, capita che siano disponibili a fare cose del tutto diverse. Quando pensiamo e operiamo così, non facciamo altro che agire all’interno di schemi che potremmo ipoteticamente rappresentare come una scatola. Gli anglosassoni parlano per questo di “thinking out of the box”, riferendosi proprio a questa scatola.

AI, l’approccio di Premoneo

In Premoneo, occupandoci di pricing, forecasting e segmentazione, sappiamo bene che i confini della scatola sono quelli morali, legali, tecnologici. A volte basta rompere solo un argine della scatola, quello composto dai confini tecnologici, per cambiare lo status quo e iniziare un percorso di innovazione all’interno dell’azienda. Per uscire dalla scatola, serve anche avere una certa dose di umiltà, per superare il classico “abbiamo sempre fatto così” piuttosto che “facciamo già il massimo”. Un esempio riguarda il geo-pricing. Qualche tempo fa un cliente mi ha spiegato, con una certa spavalderia, di applicare prezzi diversi in base alla posizione geografica dei suoi punti vendita, dove la disponibilità a pagare da parte di un cliente poteva essere diversa, e quindi collegando alcuni cambiamenti dei prezzi al reddito medio pro-capite. Si sono stupiti quando, in seguito alle nostre analisi, hanno scoperto che, ad esempio, in una particolare cittadina abruzzese, per quattro mesi all’anno, il modello che descriveva il comportamento dei loro clienti era molto più simile a quello dei clienti di una grande città del nord.

AI, analizzare i dati per interpretare e prevedere la domanda

Così ho deciso di telefonare al direttore dello store, per chiedere se avesse qualche idea in merito. “Ma certo – ha risposto – qua da maggio abbiamo molti più clienti, pensionati del nord, in villeggiatura”. E purtroppo per la mia generazione, ovviamente quei pensionati hanno un reddito pro capite e una propensione alla spesa più alta rispetto ai residenti. Bisognava pensare fuori dalla scatola per arrivare a questa conclusione? Sì, o forse sarebbe bastato affidarsi all’Intelligenza Artificiale per analizzare grandi moli di dati, per scovare dei pattern, per così dire, invisibili all’occhio umano, soprattutto se afflitto dalla fatica di cambiare e dalla presunzione di avere già affrontato il problema con una strategia corretta. Fortunatamente, secondo un attendibile studio di Horvath, il 79% delle aziende di vendita al dettaglio, prevede di Investire in AI entro il 2030, per l’ottimizzazione dei prezzi. Un modo intelligente per ricordarci che le risposte sono cambiate.

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